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MICROSTRUTTURE

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Metodo per pianoforte

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MICROSTRUTTURE

La didattica pianistica normalmente praticata nei primi due o tre anni di studio parte da un postulato fondamentale: l’allievo deve suonare ciò che riesce a leggere. E’ quindi essenzialmente un insegnamento di lettura musicale applicato al pianoforte. Lo sviluppo delle doti psicomotorie passa in tal modo in secondo piano diventando semplice conseguenza della continua pratica alla lettura.

L’applicazione di tali principi impone diverse limitazioni:

– le mani devono essere ferme sulla tastiera perché qualsiasi spostamento è reso problematico dall’esigenza di dover leggere, e quindi vi è uno scarso uso del portamento dell’avambraccio;

– l’uso dei soli tasti bianchi perché le alterazioni sono di difficile lettura. Questo porta ad una cattiva impostazione della mano, e fa diventare i tasti neri dei “nemici”;

– il non sviluppo della memoria in relazione al movimento ed alle strutture musicali.

La mia esperienza di discepolo prima e di insegnante poi mi ha portato alla conclusione che la didattica sopra descritta tende ad essere paralizzante per lo sviluppo di un rapporto naturale con la tastiera. In realtà l’allievo è in grado di suonare fin dai primi tempi brani molto più difficili di quelli che può leggere, brani con salti, tasti neri e movimenti indipendenti di braccia e dita (ovviamente con moderazione e in modo progressivo).

Sia chiaro che non intendo in alcun modo sminuire l’importanza della lettura, che è assolutamente fondamentale; semplicemente credo che il processo di apprendimento debba seguire due sentieri paralleli e contemporanei:

– lo sviluppo della lettura al pianoforte, dapprima sulle cinque note e poi via via su estensioni più ampie;

– lo sviluppo delle capacità psicomotorie e musicali attraverso la memorizzazione di brani più complessi.

La raccolta Microstrutture mi è servita in questi anni per percorrere appunto questo secondo sentiero. Mi pare abbia una certa validità didattica.

I brani usano quasi subito i tasti neri, i salti, anche ampi, e anche con l’accavallamento delle braccia, il fraseggio con legature e puntati che impone indipendenza di movimenti, ed inoltre in quasi tutti i brani c’è lo scambio dei ruoli tra la mano destra e la sinistra.

Non essendo l’allievo ancora in grado di trasformare il segno in gesto pianistico, è compito dell’insegnante fare da tramite affinché egli memorizzi i brani e, svincolato dalla carta stampata, possa dedicare tutte le sue attenzioni alla realtà fisica del suonare.

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